Estetica dell’esistenza e della resistenza
di Raffaele Quattrone
“Con la modernità, in cui non smettiamo di accumulare, di aggiungere, di rilanciare, abbiamo disimparato che è la sottrazione a dare la forza, che dall’assenza nasce la potenza. E per il fatto di non essere più capaci di affrontare la padronanza simbolica dell’assenza, oggi siamo immersi nell’illusione inversa, quella, disincantata, della proliferazione degli schermi e delle immagini”, J. Baudrillard (1995), Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà.
C’è nella contemporaneità una tendenza alla spettacolarizzazione ed economizzazione della vita quotidiana senza precedenti. Il dilemma tra apparire ed essere ha sostituito il precedente dilemma tra avere ed essere che da Fromm in poi ha animato il dibattito internazionale degli intellettuali. Miliardi di voci, parole ed immagini, non sempre dotati di una propria peculiarità ed originalità, ci bombardano ogni giorno senza per questo determinare in noi un senso di proiezione o comunque di partecipazione rispetto a quello che esperiamo e viviamo. Per il filosofo e sociologo francese Jean Baudrillard, le cui parole citate in apertura mi ricordano la poetica di Carmela Corsitto, c’è nella contemporaneità una proliferazione quasi industriale di segni simbolici ed immagini che simulano la realtà creando una vera e propria iper-realtà parallela a quella esistente e che si confonde con quella esistente. Il mondo in altri termini sarebbe sempre più ridotto a eventi spettacolari rispetto ai quali proviamo solo emozioni superficiali, passeggere, temporanee.
Carmela Corsittogià dagli anni ’80 indaga il senso dell’esistenza procedendo anche ad una vera e propria “sottrazione” o “liberazione” della cultura e dell’arte da tutti i condizionamenti esterni cui è costantemente sottoposta. Le opere vengono ripulite, decontaminate, liberate, purificate da tutto ciò che è inutile e superfluo e da qualsiasi riferimento connotativo di tipo sociale, storico, figurativo, reale come in un ritorno ad un grado zero dal quale ripartire e ricominciare a pensare e sperare. Come afferma l’artista l’uso monocromatico del colore bianco ed il plexiglass nella sua trasparenza rimandano alla sensazione di vuoto che ci circonda ma che abbiamo anche dentro e che ci trattiene in una condizione di spaesamento e paura che non ci permette di comprendere fino in fondo dove stiamo andando e dove vorremmo andare. Il bianco diventa sinonimo di silenzio inteso come guida di conoscenza di sé e degli altri. A tale proposito mi tornano in mente le parole di Kandinskij che ne “Lo spirituale nell’arte” afferma “[il bianco] è un mondo così alto, rispetto a noi, che non ne avvertiamo il suono. Sentiamo solo un immenso silenzio che, tradotto in immagine fisica, ci appare come un muro freddo, invalicabile, indistruttibile, infinito. Per questo il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto. Interiormente lo sentiamo come un non suono, molto simile alle pause musicali che interrompono brevemente lo sviluppo di una frase o di un tema, senza concluderlo definitivamente. È un silenzio che non è morto ma ricco di potenzialità”. Ecco quindi che la pratica artistica della Corsitto attraverso il rigore delle composizioni, il minimalismo fondante, la proporzione delle composizioni diventa una vera e propria ricerca di verità ma anche di nuove idee e valori guida. Forse ricerca di una nuova umanità o forse di una nuova sensibilità o spiritualità.
La poetica della Corsitto trova espressione anche in un ciclo di opere dedicato ai libri oggetto tra i quali ricordiamo Confusione (2011), Pagine di nulla (2012) e Il segreto delle parole (2014) solo per citarne alcuni tra i più rappresentativi e significativi. Il libro inteso come luogo della memoria, delle emozioni, della cultura viene qui inteso nel suo senso più ampio, quasi universale, quasi un archetipo. Si tratta infatti di libri senza testo, senza immagini, senza riferimenti e significati evidenti. Libri come spazio del silenzio, del vuoto, della riflessione, del raccoglimento, della conoscenza, della speranza, della volontà. Libri ancora da scrivere, storie ancora da raccontare in quanto l’umanità è ancora priva di quella consapevolezza ontologica che abbiamo smesso di ricercare e di indagare per occuparci di problemi di entità minore e con risultati tangibili più immediati. Spesso e non è del tutto una casualità, nelle sue opere compare il tema del viaggio interiore e del labirinto cioè di una struttura o zona nella quale è difficile orientarsi mentre soprattutto nella produzione più recente la sua ricerca si sofferma sul tema del “Nulla” che, utilizzando le parole dell’artista, deve essere inteso come modello universale di un “Tutto” che ricerca il suo sostentamento nel “Nulla”. Ne sono un esempio La percezione del nulla, 2014 e Il riflesso del nulla, 2014. Il Nulla inteso come non-essenza, non-essere, talvolta assimilato al concetto di Infinito segna in realtà il limite della nostra umanità: al di là di quello che siamo, che conosciamo, che pensiamo c’è il nulla. Ed ogni volta che la nostra conoscenza ed il nostro pensiero vanno un po’ più in là quel limite tra l’essere ed il non essere si sposta di conseguenza impedendoci regolarmente di raggiungerlo e definendo così la nostra limitatezza. Quindi riflessione e consapevolezza sono le chiavi con cui Carmela Corsitto ci invita ad aprire il suo mondo, un mondo costellato da profonde emozioni, percezioni, riflessioni.